Santa Margherita di Antiochia

santa margherita guercinoSanta Margherita di Antiochia (a sinistra in un quadro del Guercino) nasce nel 275 da genitori pagani ma viene educata alla fede cristiana dalla sua balia, una cristiana convinta. Il governatore Oliario la fa imprigionare, torturare e infine decapitare nel 290, perchè la ragazza rifiuta di sposarlo. Secondo la tradizione, in carcere a Margherita appare il demonio sotto forma di un terribile drago, che la inghiotte ma lei, armata da una croce che teneva tra le mani, squarcia il ventre del mostro sconfiggendolo.

Le varie passioni che raccontano la vita della Santa riferiscono che essa nelle sue ultime preghiere chiese, fra le altre, la grazia di poter aiutare le donne incinte.

Per questo la santa entra a far parte dei Santi Ausiliatori (1), in qualità di protettrice delle partorienti. Ad esse dava sollievo per mezzo della cintura con la quale – come vuole la leggenda – aveva legato il dragone, dopo essere uscita illesa dal suo ventre. Tale credenza era così diffusa in passato (solo recentemente la protettrice delle partorienti è stata identificata in Sant’Anna) che, Maria Teresa D’Austria, moglie di Luigi XIV, incinta del Delfino, nel 1661, non solo fece offerte alla abbazia di Saint-Germain des Pres dove era conservata la cintura di Santa Margherita, ma si fece portare alla reggia la reliquia. Maria Vittoria di Baviera, la moglie del Delfino, farà lo stesso nel 1682.

Il culto di Santa Margherita di Antiochia è molto diffuso in Europa, in particolare in Francia, e in Italia è patrona di numerosi comuni. In Abruzzo lega il suo nome soprattutto a due località, Villamagna, in provincia di Chieti e Pettorano sul Gizio, in provincia dell’Aquila. Sebbene la chiesa cattolica festeggi la Santa Ausiliatrice il 20 luglio, nei due comuni abruzzesi celebra il 13 dello stesso mese.

car_8891A Villamagna ogni anno, il 13 luglio (ed ogni primo sabato di agosto in versione serale) si rinnova la festa di Santa Margherita con la rievocazione del salvataggio del paese da parte della Santa. Narra la leggenda che questa sia intervenuta, sotto la forma fisica di una trave incandescente, sbarrando il passo ai saraceni che, nel 1556, dopo aver attaccato i paesi della costa, stavano penetrando verso l’interno. La leggenda si riallaccia ad eventi storici quando il terrore si diffuse lungo tutta la costa abruzzese a seguito degli attacchi dei turchi, tant’è che a Tollo – sempre in provincia di Chieti – la prima domenica di agosto si rievoca lo stesso episodio con la festa della Madonna del S.S. Rosario, chiamata anche “dei Turchi” o “della Vittoria”.

A Villamagna, per rievocare miracolo la mattina del 13 luglio dopo le cerimonie religiose e la processione durante la quale la statua della Santa attraversa le strade del centro, hacar_8990 luogo, la rappresentazione di una battaglia di cui sono interpreti i saraceni, la gente di Villamagna e la Santa. Un folto gruppo di giovani, vestiti da turchi, armati di lance e scimitarre, alcuni a cavallo, altri a piedi, marciano verso il paese, con fare minaccioso e mimando una incursione. Mentre il grosso dell’esercito si accampa in attesa dell’attacco finale, tre soldati avanzano con circospezione in avanscoperta. Improvvisamente appare loro una ragazza che, sbarrando loro il passo, li invita a desistere dai propositi di distruzione e, subito dopo, improvvisamente sparisce. La pattuglia riferisce l’episodio al comandante che però li incita a proseguire. Fatta poca strada, la misteriosa ragazza appare di nuovo ed ancora una volta invita i soldati a tornare indietro. I Saraceni ignorano l’esortazione e, preceduti da una fanfara, si preparano per l’attacco finale. Fatta poca strada si trovano di fronte una trave incandescente che sbarra loro il passo, mentre la car_9044giovinetta, appare nuovamente, oltre il fuoco, ammonendoli severamente. Quest’ultima apparizione spaventa i Saraceni al punto che rinunciano ad attaccare e indietreggiano fino alla località "la Croce" per poi entrare in Villamagna da amici. Avanzano quindi fino alla chiesa, dove la popolazione è raccolta in preghiera. Qui di fronte all’immagine dellacar_9140Santa, in cui riconoscono la misteriosa fanciulla, si inginocchiano ed il capitano dona alla chiesa il suo pennacchio tempestato di gemme. La rappresentazione si conclude con la conversione dei Saraceni a cui vengono offerti dolci e vino, mentre la Santa riceve in dono canestri ricolmi di grano e ciambelle.

La presenza di questi doni cereali induce a classificare la festa, al di là della leggenda di fondazione che fa riferimento ai Saraceni, in quelle agrarie di ringraziamento, anche perché un dato ora perduto, ma di cui fanno menzione i folcloristi del secolo scorso, documenta la presenza, durante la processione, di fanciulle che sfilavano recando in testa conche di grano ed ornate di rami di basilico e di giovani che procedevano appoggiandosi a pertiche, in cima alle quali era posto un mazzo di spighe e di fiori.

santa_margherita_2007_1A Pettorano sul Gizio la tensione emotiva che animava in passato la festa di Santa Margherita è andata un po’ scemando nel tempo ma ogni anno, puntualmente, il 13 luglio le strade del paese si riempiono di pettoranesi residenti ed emigrati che dopo aver assistito alle funzioni religiose, seguono numerosi la processione per le vie del paese. A differenza di Villamagna, qui il culto della Santa è possibile sia legato alle virtù taumaturgiche di Santa Margherita, in particolare a quelle che ne fanno la protettrice delle partorienti, anche se ne è scomparsa ogni traccia; comunque esse dovevano coesistere con quelle per cui è venerata ancora oggi. A Pettorano Santa Margherita è la protettrice delle acque, unica risorsa, insieme ai boschi del paese.

Quanto il rapporto che i pettoranesi attribuiscono a Santa Margherita con l’abbondanza delle acque del fiume Gizio sia forte, è testimoniato anche dalla partecipazione con cui vivono la ricorrenza del 13 luglio i coltivatori dei terreni a valle di Pettorano e, soprattutto, i “guidatori” delle acque che scorrono nei canali di irrigazione, i quali ogni anno, ancora oggi, si fanno promotori di una raccolta di fondi per la realizzazione della festa. Nulla esclude che tale partecipazione si manifestasse anche in forme più propriamente religiose (ex voto, pellegrinaggi, “compagnie”, ecc.), come del resto si verifica ancora per gli abitanti di Pettorano che il lunedì di Pasqua – all’inizio della primavera – sono soliti andare in pellegrinaggio alla chiesetta della Santa, edificata a monte delle sorgenti del Gizio.luned_di_pasqua_2007_1

Di buon mattino i pettoranesi di ogni età si dirigono verso la valle per assistere alla funzione religiosa, fare la “palma di bosso” e banchettare liberamente con salame e “buccellati” nei luoghi intorno alla chiesetta. La festa presenta delle analogie con la celebrazione medievale del “maggio” e attesta la sopravvivenza cristianizzata di uno dei tanti riti arcaici del “passare l’acqua” luned_di_pasqua_2007_2legato al culto naturalistico e pagano delle sorgenti, venerate come fonte eterna della vita e della vegetazione.

In passato, il 13 luglio, a Pettorano si svolgeva anche una grande fiera: la festa di Santa Margherita diventava così un momento centrale per la vita della comunità, non solo dal punto di vista religioso e sociale ma anche da quello economico, per le numerose persone che la festa riusciva a convogliare in paese. D’altra parte questa affermazione è confermata dai dati statistici relativi alla popolazione. Fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, Pettorano era il terzo paese della Valle Peligna per numero di abitanti residenti e, come tale, non poteva non essere un mercato appetibile soprattutto in quei giorni in cui richiamava gente anche dal suo circondario.

La festa di Santa Margherita di Pettorano era e rimane inoltre la festa del ritorno; in passato dei carbonai che tornavano in paese dopo mesi di solitudine e duro lavoro nelle campagna romana o sulle montagne di Pettorano, oggi delle migliaia di pettoranesi emigrati in Italia e all’estero. Si può anche non tornare a Pettorano per tutto l’anno ma a Santa Margherita è d’obbligo perché, come recita un vecchio proverbio,

“A Santa Margarita chi n’è revenute

O s’è muèrte, o s’è pérdute”.

E chi proprio non può tornare festeggia la protettrice del paese nel luogo dove si trova, come fa la comunità pettoranese di Hamilton (Ont.), in Canada che, oltre a contribuire economicamente alla realizzazione della festa in Italia, celebra Santa Margherita in quella città, anche con la tradizionale processione.

L’occasione della festa di Santa Margherita è dunque, ma lo è stato soprattutto in passato, il momento in cui la comunità si riunisce e rafforza il proprio spirito di comunità; tornare a Pettorano per gli emigrati oggi, e ieri per i carbonai, significa riaffermare le proprie radici e la propria appartenenza ad una storia e ad una cultura.

 

(1) Con questo nome vengono designati un gruppo di 14 santi alla cui intercessione il popolo cristiano suole far ricorso in momenti difficili. Essi sono: Acacio, Egidio, Barbara, Biagio, Cristoforo, Ciriaco, Dionigi, Erasmo, Eustachio, Giorgio, Caterina, Margherita, Pantaleone e Vito.