La storia di un pettoranese: dalla guerra al sogno canadese

thumb_sebastiano-santucciSebastiano “Sam” Santucci (foto) è un pettoranese emigrato nel 1958 in Canada. Giunto ad Hamilton, la città dell’Ontario verso la quale si erano già diretti centinaia di pettoranesi, Sebastiano continua gli studi specializzandosi in tecnica delle costruzioni e ingegneria civile. Nel corso della sua lunga carriera ha collaborato con ruoli di responsabilità alla costruzione di numerose e importanti opere pubbliche. Successivamente si trasferì a Toronto dove ha lavorato per il Ministero dei Trasporti e delle Comunicazioni, quindi, nel 1964, a Saltfleet e nel 1965 a Oakville dove è stato impiegato presso il comune e coinvolto in tutti i grandi progetti edilizi della città fino al 1999 quando è andato in pensione.

 

In tutti questi anni Sam non ha mai dimenticato le proprie origini, tornando spesso a Pettorano e mantenendosi costantemente in contatto con gli amici rimasti in paese. Ed è proprio il forte legame con la propria storia e le proprie origini che ha spinto oggi Sebastiano a pubblicare un libro dove, sul filo dei ricordi, ricostruisce la sua esperienza migratoria ricordando le cause che la determinarono. Il racconto di Sebastiano inizia con i giorni drammatici dello “sfollamento”, l’evacuazione di centinaia di pettoranesi dal paese occupato dai tedeschi, per proseguire e concludersi con la realizzazione del suo “sogno canadese”.

front-cover-final“My Wartime Italian Roots and My Canadian Dream”, questo è il titolo del libro di Santucci, non è tuttavia solo un bel libro autobiografico. La storia raccontata da Sebastiano è la storia di migliaia di pettoranesi e per questo si qualifica come testimonianza di una intera comunità che, a partire dall’immediato dopoguerra e fino agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso, ha pagato un prezzo carissimo per conquistare una vita dignitosa altrove.

“My Wartime Italian Roots and My Canadian Dream” (368 pagine, XLibris, $19,99, in vendita on line) è in inglese perché, come dichiara l’autore, è rivolto soprattutto ai figli e ai nipoti dei pettoranesi emigrati che non conoscono l’italiano, perché siano consapevoli di quanto profonde e forti siano le loro radici.

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